La Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne viene celebrata il 25 novembre, data istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per focalizzare tutta l’attenzione pubblica su questo tema di grande attualità, anzi dopo le cronache di questi ultimi giorni di grande urgenza. Questa data comunque non è casuale. E’ stata scelta per la lotta alla violenza sulle donne per ricordare tre sorelle coraggiose, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa), assassinate brutalmente il 25 novembre del 1960 da mandanti del dittatore Trujillo, il dittatore che sottomise la Repubblica Dominicana tenendola nel caos per più di 30 anni in uno dei regimi più sanguinari dell’America Latina. Le sorelle Mirabal avevano tentato di contrastare il regime di Trujillo e, per questo, furono assassinate. Oggi in un’epoca che si definisce moderna, civilizzata assistiamo impotenti all’aumento esponenziale di casi di femminicidio, che definire dimensioni barbariche è purtroppo poco. La violenza sulle donne non è solo l’aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze sessuali, persecuzioni. Compiute da un uomo contro una donna in quanto donna. Purtroppo oggi sfocia quasi sempre in femminicidio”. In questi anni tante sono state le marce, i dibattiti, i convegni e le iniziative come le panchine e le scarpette rosse. Iniziative che purtroppo non hanno prodotto gli effetti sperati, perché le donne continuano a morire. E’ ora di passare a fatti concreti e cioè all’inasprimento della pena! Non è più possibile stare a guardare. Una donna deve sentirsi libera di dire “basta”, libera di decidere, libera di uscire da sola. E’ impossibile che nel 2023, in Italia ogni 4 giorni una donna viene uccisa. Come al solito, si fa un gran parlare, si chiama subito in causa la scuola italiana; ma la scuola allo stato attuale, dove i docenti sono stati spogliati dalla loro autorità e oberati da mille scartoffie, può fare ben poco! Il male va cercato, affrontato e risolto all’interno della famiglia. La famiglia, sottolineo, solo la famiglia è responsabile dell’educazione dei bambini. Centrale è il ruolo della mamma, in particolare se si tratta di un bambino, perchè tra mamma e bambino, c’è un’empatia particolare, unica, speciale. Quando un uomo sbaglia, la colpa va cercata anche nel suo rapporto con la mamma. Ripeto la scuola può fare ben poco, o meglio potrebbe fare se fosse la scuola antecedente al 1977, cioè prima dei Decreti Delegati che l’hanno rovinata. La Scuola Primaria, in Italia ha funzionato benissimo fin quando c’era il maestro unico e non c’erano tanti progetti e verbali. Smettiamola di chiamare in causa la Scuola! Oltre la famiglia , una buona colpa è da attribuire ai mass media che spesso veicolano un’immagine distorta della donna e infine, non per ultimo, lo Stato. Chi si macchia di femminicidio, deve essere condannato pesantemente e mi riferisco ad un carcere durissimo, per esempio l’ isolamento a vita all’Asinara senza possibilità di sconti di pena e permessi. Non c’è perdono per questo tipo di reato, mi dispiace dirlo ma è così. Mentre scrivo penso a Giulia e alle altre vittime, penso alla dott.ssa Romeo barbaramente assassinata. Nemmeno un animale dovrebbe morire così, perché anche gli animali hanno un’anima. Non servono più scarpette rosse, panchine e convegni, servono misure restrittive, provvedimenti forti. La vita è preziosa ed è solo una! Nessuna fiaccolata, nessuna panchina ,scarpetta e convegno, restituiranno mai la vita a Giulia, alla dott.ssa Romeo, stimata e amata dalla comunità di Santa Cristina d’Aspromonte. Come donna mi sento profondamente ferita, e tradita da uno stato che permette a chiunque di uscire di casa e uccidere liberamente un essere che dovrebbe essere protetto e amato. Come scrisse il grande William Shakespeare: “ Alzatevi Signori davanti a una donna”!
Caterina Sorbara