Il primo cittadino ha aperto con il suo intervento la prestigiosa kermesse nazionale che riunisce al Teatro Cilea circa un migliaio di operatori del diritto provenienti da tutta Italia
“Ci tenevo a salutarvi e porgere il benvenuto della Città metropolitana e della città di Reggio Calabria. Siamo molto contenti e onorati di poter ospitare oggi e nei giorni a venire questo congresso straordinario dell’Unione delle Camere Penali. Per questo ringrazio il presidente nazionale, l’avvocato Francesco Petrelli, il presidente delle Camera penale reggina, l’avvocato Foti, tutto il tavolo della presidenza e le autorità presenti”. Così il sindaco metropolitano di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, intervenendo al Teatro Francesco Cilea ai lavori del Congresso nazionale straordinario delle Unioni di Camere penali italiane, in corso di svolgimento fino al 6 ottobre. “Consentitemi di fare i complimenti all’Unione delle Camere penali – ha aggiunto Falcomatà – per la straordinaria crescita che ha avuto questi anni, sul piano culturale, sociale soprattutto rispetto alla capacità di uscire da quell’isolamento in cui spesso cadono i temi della giustizia, relegati in un dibattito tra addetti ai lavori. Ad oggi sono diventati al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, con tematiche sulle quali si deve interessare tutto il Paese. Questo è avvenuto perché l’Unione delle Camere penali ha assunto una sua identità, riconoscibilità, ed è diventata agli occhi dell’opinione pubblica, voce riconosciuta, autorevole e credibile rispetto ai temi della giustizia e all’idea liberale del processo e del diritto penale”. “Tante sono state le conquiste di questi anni anni – ha evidenziato il primo cittadino – tanti sono i fronti ancora aperti: la riforma della Giustizia, la riforma della separazione delle carriere. Consentite di porre l’accento anche su un’altra situazione che riguarda il nostro Paese, e più da vicino la nostra città, ossia la situazione delle carceri. Se è vero come è vero che il nostro ordinamento prevede l’esecuzione della pena, come rieducazione del condannato ed il reinserimento della società, se è vero che l’applicazione concreta di questo principio, garantisce maggiore sicurezza a tutti, è altrettanto vero che è difficile parlare di della rieducazione del condannato se lo stesso si ritrova a scontare la sua pena all’interno interno di una cella predisposta per quattro persona, ma poi se ne ritrova 15 o 15, con tutti i problemi che ne conseguono”. “Per tutti questi motivi e per quelli che verranno trattati – ha auspicato Falcomatà – spero che Reggio Calabria possa rappresentare la spinta decisiva affinché queste tematiche vengano affrontate in maniera più diretta e soprattutto arrivino alla loro conclusione. Occorre essere consapevoli che è altrettanto vero che la politica deve mostrarsi molto più adeguata, sotto tutti i punti di vista, ad affrontare i temi della giustizia. Spesso ci perdiamo in discussioni nelle quali le persone vengono sostituite dai dettagli, e non è mai banale ricordare che dietro quei numeri ci sono storie di vita, di dignità umana, di famiglie, di imprese, di persone che spesso vengono cancellate con semplice tratto di penna”.
“Sono stato sempre convinto che bisogna difendersi nel processo e non dal processo. Sempre più spesso però accade che, soprattutto quando ci sono procedimenti che ancora non sono neanche arrivati nella fase processuale, che riguardano personalità pubbliche, l’indagato si debba difendere da un processo che è quello mediatico. L’importante – evidenzia – è tenere il punto anche anche su questo, perché molto spesso il processo mediatico continua anche quando il processo giudiziario si è può concluso o non è mai iniziato. Resta e galleggia fra i media, nella percezione delle persone che rimangono nel dubbio nella propria memoria, rispetto alla conclusione dell’iter giudiziario”.
“Nel salutarvi – ha concluso Giuseppe Falcomatà – voglio ricordare la frase di un politico e avvocato che ha operato nella nostra città, riportata in un suo libro, rivolgendosi ad un ideale giovane collega, lo invitava a sentire tutta la vita e la bellezza che gli passava accanto, senza essergli indifferente, spronandolo, nel momento di maggiore oscurità, ad avere una visione di luce sul limite dell’ombra e quindi non smettere mai di mostrare quindi non perdersi mai l’animo e trasmettere questa speranza al proprio assistito. Concludeva dicendo che la chiave di lettura, il segreto di tutto questo è la passione, quindi io faccio mie queste parole e all’insegna della passione vi auguro un buon inizio dei lavori per questo congresso”.