Il sindaco metropolitano ha accolto gli studenti insieme al Procuratore del Tribunale dei Minori Roberto di Bella, alla Dirigente scolastica Anna Rita Galletta e Francesca Stellitano e Francesca Mallamaci dei centri antiviolenza reggini
«Cerchiamo di seguire i buoni esempi e cogliere gli insegnamenti che arrivano dalle nostre esperienze negative. Non trasformiamole in violenza. Tramutiamole, piutto-sto, in qualcosa di proattivo perché ciò che oggi ci appare come la cosa peggiore del mondo, un domani sarà servita a costruire qualcosa di bello. E alla bellezza non si ar-riva facilmente. Richiede tempo, sacrificio, forza e coraggio. Diamoci il tempo che questo vostro è il tempo più bello». Così, il sindaco Giuseppe Falcomatà, si è rivolto alle ragazze ed ai ragazzi dell’Istituto “Raffaele Piria” nel corso del convegno “Le mani sul volto. Conoscere per agire, educare per prevenire”, un momento di riflessio-ne organizzato dalla scuola tecnica, nei saloni di Palazzo Alvaro, che insieme alla Di-rigente scolastica Anna Rita Galletta, ha coinvolto il giudice Roberto Di Palma, procu-ratore della Repubblica presso il Tribunale dei minori di Reggio Calabria, Francesca Stellitano e Francesca Mallamaci, rispettivamente legale e coordinatrice dei centri antiviolenza. «Reggio – ha detto Falcomatà – è una città che vive di segnali, di messaggi e di fo-tografie. Rispetto alla violenza sulle donne, in questi anni, come amministrazione abbiamo lanciato dei messaggi forti e precisi. Penso alle cosiddette “panchine par-lanti”. Quelle rosse non sono soltanto una scelta cromatica, ma simbolo di attenzio-ne nei confronti di un argomento. Tra qualche giorno verranno ultimati i lavori del Primo centro per le donne vittime di violenza, un sostegno a chi ha subito un trauma dal quale non può uscirne da sola. Sabato prossimo nella galleria di Palazzo San Giorgio, verrà apposta una targa che ci ricorda quanto la violenza sulle donne e su ogni persona sia abominevole, da tenere lontana, da evitare che possa ripetersi, da contrastare con le armi della politica. Ho citato tre esempi non per dire quante cose abbia fatto l’amministrazione, ma per provare a trasmetterne il giusto senso». «Che senso ha – ha precisato – avere messo una panchina rossa se poi ci si siede senza comprendere appieno il posto in cui ci si trova? Se su quella panchina non si scrivono storie d’amore e di amicizia. Che senso ha avere fatto il Centro antiviolenza se, nella società, non frutta quel sogno nato per contrastare un male. Che senso ha avere apposto una targa se non la si guarda neanche? Questo, credo, sia il nostro compito: mettere insieme le esperienze, gli esempi e farli patrimonio culturale col-lettivo, identitario, personale comune ad ognuno di noi. Farlo nostro, avere la consa-pevolezza di dove siamo e di cosa rappresentino quei simboli, quelle testimonianze. E non avere paura se, nel corso della nostra vita, ci succede qualcosa di brutto e ne-gativo». Citando Fabrizio De Andrè e Fibra Fabri, il sindaco Giuseppe Falcomatà ha ricordato come «anche da storie d’amore finite o da sentimenti non ricambiati possa nascere qualcosa di positivo». «Cerchiamo di vivere la città comprendendo i segnali – ha concluso – proviamo a tra-sformare in qualcosa di proattivo esperienze negative che, oggi, ci sembrano enor-mi. Non traduciamole in violenza, facciamole nostre e magari, fra qualche anno, ve-dremo quell’inciampo come un passaggio dal quale abbiamo costruito qualcosa di bello».