Presentato ieri a Palazzo San Giorgio il libro che racconta la storia del giovane maresciallo dei carabinieri morto a causa di un tumore, ma la cui testimonianza è ancora oggi fortemente tangibile. Il ricordo della moglie, Roberta, e del sindaco Falcomatà: «Ci ha insegnato a non tradire mai i propri ideali e la fiducia che ci viene data» Un pomeriggio intenso quello vissuto ieri a Palazzo San Giorgio in occasione della presentazione del libro “Akedà – Legami, legami forte Padre mio”, che racconta la vita e la testimonianza di Alessandro Caracciolo, maresciallo dei carabinieri morto alla soglia dei 33 anni a causa di un tumore ai polmoni. Quella avvertita nel Salone dei Lampadari, però, non è stata un’aria di mestizia o di dolore, quanto di vita e speranza. Una presenza tangibile, quella di Alessandro Caracciolo, testimoniata nelle parole della moglie, Roberta Melidona, che ha ricordato i momenti più importanti della loro vita insieme, dalla conoscenza alla scelta di sposarsi ed avere una famiglia numerosa. Melidona ha narrato come il destino di Alessandro, quale maresciallo dell’Arma, fosse, di fatto, scritto da un segno inconfondibile ricevuto durante le prove concorsuali, quando la traccia del tema fu tratta da un libro che il giovane aspirante carabiniere aveva da poco letto. Un segno dall’Alto, per un uomo che credeva fermamente in Dio e che ha fatto della sua successiva malattia un’occasione di condivisione e crescita per tutti coloro che gli sono stati accanto. «Per molti – ha affermato Roberta Melidona – la notte in cui muore il proprio marito rappresenta il momento più brutto della vita. Per me, invece, quella fu una notte santa, sebbene la vita a volte possa trasformarsi in un incubo. Ma la gioia di vivere di Alessandro, testimoniata dal sorriso mai spento anche nelle foto che lo ritraggono in ospedale, era talmente evidente da non lasciare spazio a dubbi». Il volume, curato da Andrea Canale, racconta attraverso lo scritto e le immagini, la vita e i momenti più significativi del percorso di sofferenza vissuto da Alessandro Caracciolo, al cui nome è oggi legata l’associazione che si prefigge lo scopo di perpetuarne la memoria. Obiettivi ben tracciati da Antonio Malavenda, che ha snocciolato tutte le tappe e le attività di beneficienza effettuate dall’associazione “Alessandro Caracciolo”, non mancando di ricordare la «grande forza» che arriva ai soci tutte le volte in cui incrociano lo sguardo dell’amico nelle foto che tengono dentro le proprie case: «Lì, ogni pensiero e preoccupazione viene ricondotto nella sua giusta dimensione», ha spiegato Malavenda. Dopo l’introduzione del giornalista Consolato Minniti e il ricordo di Roberta Melidona, è stato il turno del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, il quale, davanti a tanti giovani calciatori dell’associazione “Ludos”, ha tracciato un profilo di Alessandro, partendo proprio da una delle sue passioni: il calcio. Una metafora di vita. «Alessandro – ha affermato il sindaco – ci insegna come si possa e si debba perseguire l’obiettivo che ci si è prefissati con “disciplina e onore”, legalità e trasparenza. Obiettivi che non devono essere perseguiti a tutti i costi, ma che bisogna ottenere senza tradire i propri ideali e la fiducia che viene accordata». Una similitudine che, ha ricordato Falcomatà, è possibile accostare anche a chi riveste una carica pubblica. Secondo il sindaco, Caracciolo ha portato «nobiltà d’animo anche in contesti dove spesso questa manca». Alessandro «ci ha insegnato che esiste un modo per vivere la sofferenza, un percorso di sacrificio e dolore che non necessita per forza un irrigidimento. La sofferenza non va sprecata e Alessandro ci ha mostrato come, con dignità, possiamo trasformarla in testimonianza e opportunità». Parole che ricalcano quanto il giovane raccontava ai suoi amici nei giorni della sofferenza: «Ogni giorno che passa è una scoperta continua per me… senza questa sofferenza avrei continuato a stare lontano da lui anche se pensavo fossi vicino… a continuare a vivere la mia vita nell’incertezza presa dalle cose di questo mondo. Ora vedo quello che prima non vedevo! Buona giornata e buon lavoro». Dopo le relazioni, il tenente dell’Arma, Raiano, ha recitato la preghiera del carabiniere. A seguire, l’intervento musicale con il canto dell’Akedà a cura di Alessandro Labate, Ismaele e Simone Cannizzaro. Infine, il dono, da parte dell’associazione “Alessandro Caracciolo” di un quadro raffigurante alcuni momenti di vita di Alessandro, realizzato dall’artista Francesco Lia e che sarà esposto a Palazzo San Giorgio.
L’Ufficio stampa