Sulla strada che porta alla Tonnara di Palmi c’è una casa disabitata, con i muri consunti dal tempo.
Sul terrazzo c’è un vaso con una pianta.
E’ lì immobile da diversi anni ed io mi sono sempre chiesta se i proprietari si sono trasferiti sulla scia dell’emigrazione che ha interessato la Calabria negli anni 50 e 70, o se magari sono morti e i figli residenti lontani dalla Calabria, l’hanno abbandonata o peggio ancora dimenticata.
Ogni volta che vado alla Tonnara, non posso fare a meno di guardare quel vaso, quella pianta abbandonata che come la donna calabrese, resiste a tutte le intemperie, non si piega, non muore, nella speranza che qualcuno ritorni a prenderla, a portarla via da tutta quella solitudine.
Nella speranza che qualcuno la porti via per farla rinascere.
Mi porta tanta tristezza guardare quella pianta , mi riporta al borgo natio, mi ricorda le piante di mia mamma, ne aveva tantissime, il suo balcone era pieno di piante ,che lei curava con tanta dedizione e amore.
L’odio, le cattiverie, l’invidia, la gelosia hanno costretto i miei genitori ad andare via, a lasciare per sempre il borgo natio, e prima di loro anche io e le mie sorelle siamo scappate .
Siamo andate via, senza voltarci indietro, stanchi per le troppe lacrime versate.
Mamma nell’andarsene, ha abbandonato tutte le sue piante che con immenso amore aveva curato.
Finchè non abbiamo venduto la casa, ogni tanto ci andavo per prendere qualcosa che lei aveva dimenticato.
A volte mi chiedeva di andarci e controllare che fosse tutto a posto.
Non c’era niente di prezioso dentro, ma io andavo lo stesso per accontentarla, per non dirle di no.
Ogni volta guardavo le piante abbandonate, i balconi consunti dal tempo, le stanze vuote, l’ultima tazzina abbandonata nel lavabo e un grande dolore avvolgeva la mia anima.
Guardavo ogni singola stanza e piangevo. Vagavo in silenzio per le stanze vuote e ormai senza vita.
Alla fine ad un mese dalla vendita, ci sono andata per l’ultima volta, per dirle addio e chiudere per l’ultima volta la porta.
Per l’ultima volta ho percorso la stradella privata che da casa nostra porta a casa di mia nonna Caterina.
Ho guardato per l’ultima volta casa di nonna , gli uliveti, ho ricordato il pollaio e il chicchirichì del gallo, le galline, i fiori.
Ho chiuso gli occhi e ho rivisto mia nonna seduta sull’uscio.
Ho detto addio a tutto.
Addio!
Quanti addii ho detto nella mia vita: a persone, amori, luoghi e oggetti.
E’ così brutta la parola addio, sa di morte, di non ritorno.
Un punto, senza ritorno, senza speranza, senza domani, senza luce, senza futuro.
Davanti casa, sul marciapiede e sul portone d’ingresso c’erano ancora le chioccioline, danzava ancora nell’aria il profumo dell’erba e della terra dopo la pioggia.
Gli ulivi di fronte casa erano ormai cresciuti.
Quando sono stati piantumati, io frequentavo l’Università e studiavo per sostenere gli esami.
Il tempo è passato su di loro e su di me.
Siamo diventati grandi, tra un dolore, un addio e una tempesta.
Restano solo i ricordi.
Non è rimasto niente, come le piante di mamma abbandonate, morte, ormai mandate al macero.
Restano le lacrime, i dolori, le delusioni.
Graziella di Roma, la mia cara cugina, figlia del mitico zio Ciccio, dice che restano anche i dolci ricordi, ma io in questo momento non ricordo niente di dolce o forse si…
Stasera sono andata ancora una volta alla Tonnara, ho visto la vecchia casa e la pianta è ancora lì, sempre sola che aspetta un ritorno che mai avverrà.
Come le piante di mamma abbandonate e morte per sempre.
La vita spesso è crudele, affonda la sua fredda lama tra le pieghe del cuore e uccide senza pietà, così come ha fatto con le piante di mamma, con la casa che siamo state costrette a lasciare e a non voler ritornare più.
C’è tanta tristezza nel mio cuore e nella mia anima.
Lo scoglio dell’Ulivarella è sempre incantevole, sulla spiaggia passeggiano coppie di fidanzati, si abbracciano, si baciano, per loro il tempo non esiste.
Il mare è un lago d’argento e una dolce malinconia danza nell’aria.
Estate 1985 i Simple Minds cantavano “Don’t You forget about me”.
In tutti questi anni di solitudine e inchiostro, molte volte mi sono chiesta e mi chiedo ancora se sono stata ricordata, almeno una volta.
La poetessa è sola, lacrime salate solcano il suo viso.
Troppi addii, troppi abbandoni, troppa cattiveria, troppa solitudine.
C’è sempre la pianta ed è sempre sola e abbandonata, anche lei come la poetessa aspetta il giorno dell’agognata felicita.
Ricordo ancora la casa: c’era un camino e la cucina era sempre piena di profumi, di calore, di amore: mamma, papà e le sorelle.
In quella casa non ho mai avuto freddo, la fiamma del camino mi consolava.
Quella fiamma, quel calore mi sono mancati tutta la vita.
Credevo di farcela senza un camino, ma non ce l’ho fatta.
Mi manca come l’aria e lo sogno ancora.
Sogno una casa con un camino, anche piccola, ma che abbia un camino che mi consoli, che riscaldi la mia anima, come allora.
Ci sono anche ricordi dolci, ha ragione Graziella di Roma
La strada che porta alla Tonnara è costellata di sogni, lacrime, ricordi e desideri.
L’Ulivarella è e resterà per sempre il posto più bello del mondo, il luogo dell’anima.
C’era una volta un principe che amava nuotare e andava a nuoto fino allo scoglio.
Amava fare i tuffi dallo scoglio.
“Io bambina sognavo una gonna mille sottane, tu la donna che già lo portava”
Cantava così Mia Martini.
La principessina era molto più giovane del suo principe.
Ogni notte, tutte le notti Selene splende superba sullo scoglio dell’Ulivo ed io sogno ancora la principessina con i suoi gioielli, rigorosamente in oro giallo, che aspetta il principe con le stellette e la fascia azzurra.
Non è rimasta che polvere di stelle cadenti e lacrime salate, che scivolano ancora sui muri della casa consunta dal tempo, dove mamma e papà non ritorneranno più, dove io e le mie sorelle non vogliamo nemmeno passare, per non morire ancora.
Nelle fiabe c’è sempre un principe, una principessa, una fata e una strega cattiva.
Nelle fiabe il bene vince sempre sul male, la fata aiuta sempre la principessa, ed io mi chiedo ancora, ogni giorno, perché nella nostra vita ha vinto il male.
Perché nessuna fata mi ha aiutato ?Perché?
Me lo chiedo giorno dopo giorno ,anno dopo anno, e aspetto ancora che una notte dagli anfratti segreti dello scoglio, possa venire fuori una bellissima fata, una fata in grado di salvare la pianta abbandonata,uccidere il male, la strega cattiva e trasformare tutte le mie, le nostre lacrime, in un dolce profumo chiamato felicità.
Caterina Sorbara