La chiesa è una storia di amore, afferma papa Francesco, una storia di amore tra Dio e gli uomini, ed essa rimanda a Gesù Cristo, il vero sole che illumina e si riflette sul volto della luna, mysterium lunae, per usare una suggestiva immagine cara a sant’Ambrogio. Cosa vuol dire un vescovo che presiede la chiesa locale? Domenica 19 novembre alle ore 17.00 nella cattedrale di Padova è stato consacrato vescovo don Giuseppe Alberti, vescovo eletto della diocesi di Oppido Mamertina – Palmi, e siamo già in pellegrinaggio di affetto, di simpatia, di preghiera per accogliere il nuovo pastore. Nei giorni precedenti all’ordinazione si è presentato a qualche intervista rispondendo con semplicità e prudenza alla nuova missione, in punta di piedi e senza programmi, un atteggiamento di speranza, aperto e senza pregiudizi, consapevole della responsabilità e degli impegni a cui è chiamato e dove non mancherà la forza dello Spirito Santo.
Nel rito di ordinazione è suggestivo il momento in cui sul suo capo viene versato l’olio profumato del Crisma, la forza della Spirito Santo che nutre, illumina, dà vigore, e quando l’evangeliario viene messo sopra il suo capo. Egli è soggetto all’autorità del Vangelo, il punto nodale dell’autorità del vescovo è il servizio al Vangelo, la base di tutto, delle sue giornate, degli incontri con i presbiteri e i diaconi, con i fedeli e nelle visite pastorali, con i credenti e i non credenti.
Scriveva il card. Carlo Maria Martini un testo che metteva a tema la figura del vescovo: Compito della Chiesa è anzitutto predicare il vangelo. Il vangelo è per tutti, senza esclusioni. È la proclamazione di un Dio che sempre perdona nel nome del Figlio Gesù crocifisso e risorto. Per questo Gesù ha accolto tutti, si è posto in dialogo con tutti (Il vescovo e il pastore, Papa Francesco e Carlo Maria Martini 2022).
L’augurio al nuovo vescovo Mons. Giuseppe Alberti è la preghiera e il nostro sostegno leale e obbediente, perchè il brivido che l’ha fatto sussultare quando è stato nominato Vescovo non spenga mai lo stupore e la gratitudine, perché resista nel suo ministero episcopale alla tentazione dei vizi – che sempre il card. Martini denuncia -, l’autoritarismo, la rigidità, le cordate o i cerchi magici, le malelingue, usando l’attenzione alla singola persona nel rispetto della sua autonomia e intelligenza: Abbi cura del mio vescovo; abbi cura di tutti i vescovi, e mandaci vescovi che siano veri testimoni, vescovi che preghino, e vescovi che ci aiutino, con la loro predica, a capire il Vangelo, a essere sicuri che Tu, Signore, sei vivo, sei fra noi.
Il vero vescovo vive e muore lungo la strada, racconta papa Francesco, – che oltre a parlare delle quattro prossimità del pastore, – a proposito di un vescovo santo, Toribio de Mogrovejo (1538-1606), pastore della grande Lima in Perù: Un pastore che fu uomo di prossimità verso i sacerdoti, voleva raggiungere tutti, con le suole consumate del camminare per annunciare il vangelo a tutti, senza indugio e senza paura .. sapeva che il bene spirituale non può essere separato dal bene materiale. Perché citare san Toribio? Era un pastore non un principe, non un uomo tentato dalla rigidità e dall’autoritarismo, un uomo della misericordia e della compassione, e faceva della preghiera d’intercessione il cuore della sua giornata.
Il nostro sguardo s’incrocia al nuovo vescovo Mons. Giuseppe Alberti, a cui è affidato questa porzione di popolo di Dio che ha il mandato di pascere. Nell’omelia del cinquantesimo di ordinazione sacerdotale il card. Angelo Bagnasco affermava: A noi il desiderio crescente di mai sminuire la grazia ricevuta, né con i nostri limiti né con i nostri peccati, né con la tiepidezza o l’abitudine degli anni. La semplicità del nostro operare – all’altare, in casa, sulla strada – sia sempre frutto della nostra preghiera, dell’adorare la grandezza di Dio nella nostra debolezza, grati che Dio ci ami nella povertà (Pastori dentro, Angelo Bagnasco, 2022).
I pastori sono posti a pascere la chiesa di Dio (At 20,28), partecipi della missione del Buon Pastore, pastori che vivono in mezzo al loro gregge e cioè dentro la vita delle persone dentro lo sguardo di chi è ferito ed escluso, dentro un popolo, dentro alla chiesa, scrive sempre papa Francesco nella prefazione al libro del card. Angelo Bagnasco. Affidiamo il suo ministero episcopale all’intercessione di Maria Madre della Chiesa, ai Santi Pietro e Paolo, a Sant’Antonio di Padova (città da cui proviene il nuovo presule), con un affetto genuino e un abbraccio incondizionato che seppure magicamente non risolve i problemi e le ferite della chiesa locale e della piana di Gioia Tauro, può lenire l’anima, stemperare il risentimento e riaccendere la fiammella della fiducia rinnovando energie esauste.
Vincenzo Leonardo Manuli